La Tracciabilità può essere definita tecnicamente come “il percorso di un prodotto dal fabbricante al consumatore“.
Ed è rilevante, non solo ai fini della “tipicità” di un bene, ma anche della più generale “qualità”, nonché della sua sicurezza.
Ovviamente potranno esistere altri fini specifici, quali la tracciabilità della filiera produttiva e distributiva ai fini tributari (esempio per l’I.V.A.). Tale principio ha determinato, nel campo alimentare, la normativa in tema di etichettatura dei prodotti.
La gestione e la conseguente rintracciabilità dei lotti o delle partite di acquisto e/o di produzione, è indirizzata a tutte quelle aziende che hanno la necessità, se non l’obbligatorietà, di riconoscere e quindi di dichiarare, in qualità di responsabili del prodotto, la rintracciabilità dei lotti utilizzati nella realizzazione dei loro prodotti finiti.
La norma invita l’azienda a mettere in atto un adeguato sistema di identificazione e rintracciabilità, senza peraltro renderlo obbligatorio.
E’ lasciata all’azienda la responsabilità di determinare se e quali criteri adottare in merito.
Rimane il fatto che la rintracciabilità è l’unico mezzo per richiamare dal mercato prodotti sospetti di non conformità, pertanto si auspica che venga predisposta, attraverso procedure, la correlazione tra i prodotti e la relativa documentazione.
(fonte diritto.it)
La Commissione europea nel 2013 ha predisposto la proposta 2013/0049 finalizzata ad una maggiore articolazione della tracciabilità dei prodotti, con l’intento di sostituire le direttive 2001/95/CE e 87/357/CE.